giovedì 31 maggio 2012

Dio non chiede mai l'impossibile





Vangelo Mc 10, 17-27

In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre”».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva, infatti, molti beni..
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».

 Tante volte abbiamo letto o sentito commentare questo brano e forse lo ricordiamo come il giovane ricco o una vocazione mancata.
Che fosse un giovane i vangeli non lo dicono ( Matteo durante il racconto dirà “il giovane” ma presentandolo dice “un tale”), Marco dice “ un tale”, Luca parla di “un notabile”.
Sappiamo per certo che si tratta di un uomo facoltoso, ricco, forse molto conosciuto, onesto, praticante fedele della sua religione: aveva osservato fedelmente tutti i comandamenti… era in cerca di qualcosa di diverso, di più alto…forse lo aveva affascinato ciò che aveva sentito dire di Gesù.

Gesù ha con lui, da subito, un rapporto da amico non da maestro, da uomo a uomo: rifiuta il titolo di buono, e da buon ebreo lo attribuisce a Dio, “Dio solo è buono”.
Gesù  prova soddisfazione per questo notabile che fin dalla giovinezza aveva osservato tutti i comandamenti. “Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò”, lo sguardo di Gesù accompagnato da un atto d’amore aspettando di essere ricambiato.

Gesù lo amò, lo invitò a seguirlo e sappiamo con quali parole…Va’, vendi…. Ma ” egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva, infatti, molti beni.” Lascio immaginare a voi il significato di “si fece scuro involto”, “ se ne andò rattristato”…
 Un apostolo mancato!questo il risultato di un incontro molto personale di Gesù con una persona che”amò”intensamente perché era buono e giusto…un fallimento, diremmo…
 Gesù, volgendo lo sguardo attorno come per chiamare l’attenzione su quello che stava per dire, commenta l’accaduto rivolgendosi ai suoi discepoli.
Le sue parole sembrano parole tristi, provenienti da una delusione: “ «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!».
Parole che sconcertano i discepoli e Gesù continua: “«Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio».

Decisamente non era deluso Gesù, lo stesso amore mostrato per il ricco lo riversa verso i discepoli, coloro che avevano avuto il coraggio di seguirlo, con una parola affettuosa chiamandoli “Figli”: unica volta nei vangeli? Meraviglioso: Gesù si identifica nell’Amore del Padre per noi. La Bibbia di Gerusalemme traduce con “Figlioli”, più affettuoso, arriva più vicino al cuore…
Subito dopo una risposta dei figli, i discepoli, un commento tra di loro, forse sottovoce. “Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?».

Gesù ha due tipi di interlocutori: un uomo onesto, religioso e i suoi discepoli. Ad entrambi offre lo stesso amore…
Abbiamo visto Gesù rispondere alla richiesta del notabile con un’altra domanda: vuole che l’altro si interroghi, riconosca in realtà chi è. La risposa sincera fa scattare la predilezione di Gesù e la chiamata a seguirlo.
Quel notabile non ha avuto un nome nei vangeli, è conosciuto ancora oggi per quello che aveva, non per quello che era, come tanti oggi abbindolati da idoli si identificano con essi…ma in realtà sono nessuno……

Poi i discepoli che in sostanza avevano risposto affermativamente alla chiamata di Gesù ma non capiscono ancora e subentra in loro la delusione, la tristezza, le difficoltà della vita, la perdita della speranza:  “E chi può essere salvato?”. E’ una domanda ma anche una risposta alle parole di Gesù, una risposta dell’uomo debole che non ha ancora capito l’importanza della salvezza che Gesù sta predicando.
Di fronte alle difficoltà facilmente si torna indietro dimenticando quello sguardo, quell’atto d’amore iniziale che sembrava un inizio di cambio di rotta, di conversione, l’inizio di un amore sublime. La nostra parte sensitiva ha ragione della parte spirituale e non si è capaci di continuare a dire di sì…di fronte alla difficoltà spunta l’impossibilità… La vita rimane senza Dio.
                                                                
Rimbombano le ultime parole di Gesù forti e sicure,  “guardando in faccia” i suoi discepoli dice: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Quando si parla guardando in faccia e con un certo tono si attende dall’interlocutore una risposta buona o cattiva, un assenso o un dissenso.
…Certamente quando capita qualcosa che ci sembra impossibile o difficile, per cui abbracciamo altro o trascuriamo anche momentaneamente il comandamento dell’amore,sicuramente in quel momento ci siamo dimenticati di Dio…non abbiamo pensato che Dio è sempre con noi, che con lui in noi non possiamo tornare indietro perché con lui tutto è bello, tutto è buono, tutto  è santo, l’amore è possibile, Dio ci santifica. Il bene che abbiamo in noi , l’amore che diamo al prossimo vengono da Lui

Continua il racconto l’evangelista Marco: 10,28-31 Pietro allora prese a dire a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito».
Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi saranno primi». 
Il solito Pietro, sincero e spontaneo: noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito, è una affermazione come per dire , e allora? Cosa ci spetta?
La risposta di Gesù è chiara e precisa, non risponde alla sfida di Pietro, va oltre: le sue parole le abbiamo appena lette…
A buon intenditore….
Con Dio tutto è possibile. Dio non chiede mai l’impossibile, vuole soltanto che amiamo quanto siamo capaci, fare buon uso dei beni che possediamo compresa la nostra libertà nella Verità.

martedì 22 maggio 2012

Signore, tu ci affidi il giorno...


 Grazie del giorno  
di don Tonino Lasconi 

 Signore,                                                  
Tu ci affidi il giorno,
ogni giorno.
Lo deponi nelle nostre mani
affinché noi lo rendiamo
bello,
utile,
ricco.


Signore,
ogni giorno è un dono
che Tu ci fai
per la nostra gioia.
Tu infatti
non hai bisogno di niente
perché non potresti
essere più grande,
perché non potresti
essere più felice.


Il tuo unico desiderio
è che noi siamo felici
come sentiamo
di voler essere,
di dover essere.


Signore,
aiutaci a conquistare
la nostra gioia,
perché ogni momento
possiamo lodarti,
perché ogni giorno
possiamo ringraziarti.

 http://paroledivita.myblog.it



sabato 19 maggio 2012

Una chiesa strana costruita senza finestre


Una chiesa senza finestre



Un principe molto ricco decise di costruire una chiesa per tutte le persone che abitavano nel villaggio. 

Era un bell'edificio elegante, posto sulla collina e dunque ben visibile a tutti.
Ma aveva una stranezza: era senza finestre!
Il giorno dell'inaugurazione, prima che il sacerdote cominciasse la celebrazione,
 il principe fece il suo discorso per consegnare il tempio alla comunità.
Disse: 

"Questa chiesa sarà un luogo d'incontro con il Signore, che ci chiama a pregarlo ed a volerci bene.
Vi chiederete come mai non sono state costruite finestre.
 Lo spiego subito.
Quando ci sarà una celebrazione ad ogni persona che entra in chiesa, verrà consegnata una candela.
Ognuno di noi ha un suo posto.
Quando saremo tutti presenti, la chiesa risplenderà ed ogni suo angolo sarà illuminato. 
Quando invece mancherà qualcuno, una parte del tempio rimarrà in ombra"

 
 
Ogni cristiano è 



luce per gli altri,


ed ha un suo

 
 posto particolare nel mondo e nella chiesa...


Da  L’angolo dei ritagli—Qunram2.net

mercoledì 16 maggio 2012

Rimanete nel mio amore


Vangelo Gv 15, 9-11
Rimanete nel mio amore, affinché la vostra gioia sia piena.

Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».



Commento:

Come il Padre ha amato me, anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.

Abbiamo sentito queste parole molto spesso in momenti di riflessione e preghiera  e quel “rimanete nel mio amore” rimbomba come una preoccupazione da parte di Gesù,
come esortazione a tenere duro, a credere in lui perché si avvicinano giorni che recheranno paura, tristezza, desolazione, forse anche delusione.
Ma è anche un invito a rimanere saldi in lui: in quei momenti tristi ricordate il mio amore per voi, le mie parole, le mie azioni,la mia mitezza e umiltà.
Ogni apostolo, ogni discepolo senza dubbio aveva conservato dentro di sé qualcosa di Gesù che  apparteneva solo a lui, quel qualcosa che gli aveva cambiato la vita, qualcosa che per ognuno si chiamava allo stesso modo:AMORE, o forse anche affetto, attaccamento, solidarietà, interesse…

Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore,

Rimanere saldi nell’amore di Gesù attraverso l’osservanza dei suoi comandamenti: ma quali comandamenti ha lasciato Gesù ai suoi discepoli?

Al giovane ricco che aveva osservato la legge gli mancava qualcosa…accettare, seguire Gesù…
Al fariseo aveva detto che il più grande comandamento nella Legge era: “ Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” e poi aggiunge: “Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso”
“ Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti”

E’ chiaro. Questi due comandamenti ci riportano all’esempio di Gesù: Chi più di lui ha amato Dio? Chi più di lui ha amato il suo prossimo?
Sono due comandamenti  di Amore, sono due comandamenti di Dio Amore, sono due comandamenti simili, ma se facciamo riferimento a Dio, si fondono e diventano indivisibili e ogni altra legge deve fare riferimento a questa grande legge, a questo Comandamento.

Non basta osservare la giustizia ( vedi antico testamento) per rimanere nell’amore di Dio. Dio non guarda tanto se hai osservato le leggi, ma come le hai osservate.

Le leggi si possono osservare perché obbligati, per interesse o per un fattore semplicemente etico, di giustizia.
Ma Dio è Amore e per amore agisce, di amore vuole essere ricambiato e sull’amore giudicherà.

come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.

Rimarrete nel mio amore “come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”.
Capire, praticare l’amore, seguire la persona di Gesù, le sue parole come lui ha osservato le parole del Padre, come lui ha fatto gli interessi del Padre che, in poche parole, vogliono la salvezza dell’uomo, amare il prossimo come se stessi. Condizione per rimanere nel suo amore è dunque osservare il comandamento dell’Amore.

I vangeli sono pieni di atti e parole d’amore. Come non ricordare le Beatitudini, la ricerca della pecorella smarrita, le parabole del Regno, gli atti di misericordia verso i peccatori, il pianto per l’amico Lazzaro, la comprensione per Pietro, l’elogio alla vedova, il padre che attende il figlio lontano, la grande preghiera sacerdotale di Gesù prima di affrontare la morte, la preghiera che rende intimi, il perdono ai suoi carnefici…

Gesù fu grande nelle piccole cose e nei prodigi e anche molto di più, fino ad offrirsi sulla croce per amore…
Ecco i comandamenti di Gesù,l’amore che fa la volontà del Padre per salvare sempre  L’UOMO, creatura preferita dal Padre:
Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.”

Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena».

Gesù  ci ha donato la sua pace ,“ Vi do la mia pace”; in questo brano ci  augura la sua Gioia “ la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Avere la gioia nel cuore, mi fa pensare a Maria ,madre di Gesù, la piena di grazia…la piena di grazia…

Possiamo dividere questi due doni? O la Pace, o la gioia?

Credo proprio di no: pace e gioia sono i doni più grandi di Gesù Risorto, i due risultati dell’amore di un Dio che vuole la nostra felicità. Pace e gioia piene, complete, totali, come un bicchiere che è pieno che più pieno non si può: Grande Gesù!



mercoledì 9 maggio 2012

Il coraggio di una famiglia, testimonianza



Il coraggio di una famiglia della generazione Wojtila (Tratto dall'Osservatore Romano, ripreso da Pastorale&Spiritualità)








Chiara e Enrico, una coppia di sposi romani, hanno testimoniato stamani a Benedetto XVI cosa significa appartenere alla generazione Wojtyla. Sono cresciuti in parrocchia e con una spiritualità francescana. Hanno scelto di dare la vita a due bambini nonostante le analisi prenatali avessero diagnosticato malattie incurabili.

Così hanno accolto Maria, affetta da anencefalia, e l'hanno accompagnata nei suoi trenta minuti di vita. Con lo stesso spirito di fede hanno accolto anche Davide, privo delle gambe e con malformazioni viscerali, standogli accanto nelle poche ore della sua esistenza terrena.

Finalmente è nato Francesco ma a Chiara, in gravidanza, è stato diagnosticato un carcinoma: affrontarlo avrebbe significato mettere a rischio la gravidanza. La decisione è stata di far nascere serenamente Francesco.
Solo dopo il parto la donna ha iniziato a curare il tumore; troppo tardi: è esploso con una violenza tale da non dar più spazio alla speranza.

La serenità, mostrata in piazza San Pietro, è la cifra di questi due giovani sposi: ventotto anni lei, trentatrè lui. Il loro progetto di famiglia Chiara lo esprime così a Enrico: «Ora che io vado di là mi occupo di Maria e Davide; tu che resti di qua cura bene Francesco».
E' una testimonianza che non si improvvisa.

Dicono di avere come maestro nel vivere il valore salvifico della sofferenza Giovanni Paolo II, il Papa della loro infanzia e adolescenza, beatificato proprio un anno fa.

Alla sua scuola, spiegano, si affidano quotidianamente alla consacrazione di Maria, con la spiritualità del Totus tuus; e recitano il rosario ogni giovedì sera con altre famiglie amiche.

A Benedetto XVI, stamani, Chiara e Enrico si sono stretti come figli. Sorridendo, con serenità , consegnandogli la loro storia di giovane famiglia cristiana che si è affidata completamente alla provvidenza e ha preso sul serio il Vangelo e ciò che hanno visto vivere a Giovanni Paolo II.

Il Papa, visibilmente commosso, li ha teneramente accarezzati.

domenica 6 maggio 2012

“ Abbiamo una testa per scegliere e un cuore per commuoverci”.


                         

 La Signora Maria di Ernesto Olivero



Quando qualcuno mi chiede come si fa a vivere da abbandonati, ripenso alla nostra esperienza. La risposta mi viene naturale: “ Abbiamo una testa per scegliere e un cuore per commuoverci”. E’ tutta qui la chiave dell’abbandono. Bisogna volerlo, facendosi interpellare e commuovere dalle situazioni della vita. La commozione però non deve non sempre è diretta. A volte tu prende per interposta persona. E’ capitato tante volte anche a noi. Ricordo un episodio.
Una sera due ragazzi passeggiavano per le strade di Torino. A un certo punto, vicino a una panchina, vedono un fagotto che si muove. Una donna. Non passano oltre. Rimangono colpiti da due occhi luminosi che cercano di chiudersi per non farsi vedere. Non passano oltre. Quel fagotto aspettava da mesi. Abitava quel pezzo di strada giorno e notte, con il sole e con la pioggia, in attesa che qualcuno lasciasse un pezzo di pane, una coperta. E’ lì anche quella sera e quei ragazzi non passano oltre.

La commozione li inchioda e il silenzio li trasforma. Non chiedono il permesso: caricano quel fagotto in macchina. La donna sbraita, non ne vuole sapere: il marciapiede è la sua casa e non vuole lasciarla. Ma quei ragazzi non passano oltre.
Cercano un ricovero, una risposta, non sanno più dove andare.

Alla fine, arrivano da noi. Anche la luna e il sole sanno che l’Arsenale della Pace è sempre aperto, è pronto ad accogliere ogni imprevisto. Non per sfizio, ma per una scelta. Quei ragazzi bussano alla nostra porta e ci lasciano la donna.
Non è stato facile. Maria era fuori i sé: “Voglio tornare a casa mia”.Parlava del marciapiede.
“Signora Maria, signora Maria, le vogliamo bene”. E lei gridando. “ Non sono una signora!”.

Bastò poco. Nel sentirsi chiamare signora, Maria fu avvolta dalla tenerezza. Cominciò a piangere, scaricò tutti i suoi pesi e quelle lacrime allontanarono di colpo i drammi della sua vita: la solitudine, l’alcol, il freddo, l’indigenza. Maria si fece lavare e accarezzare. L’Arsenale diventò la sua casa. La commozione di quei due ragazzi che non passarono oltre prese anche lei, anche noi. Segnò un nuovo inizio.

La signora Maria visse per un tempo non lungo, ma visse pienamente da  signora Maria e riscoprì tutta la sua dignità, perché era pulita dentro. Visse con noi fino a quando fu pronta per andare in un luogo dove i poveri sono amati notte e giorno, amati e mai giudicati, Per l’eternità.

Ernesto Olivero da “ Per una chiesa scalza” Ed. Priuli & Verlucca

Ernesto Olivero, sposato, padre di tre figli, è nato nel 1940. Ex bancario, pensatore, innamorato di Dio, è da sempre impegnato al fianco di poveri e emarginati.
Nel 1964 ha fondato il Sermig (Servizio Missionario Giovani). Al suo interno ha  dato vita alla Fraternità della Speranza: monaci e monache, giovani e famiglie che si dedicano a tempo pieno al servizio dei poveri e dei giovani, con il desiderio di vivere il Vangelo e di essere segno di speranza. Altri due arsenali sono stati aperti , uno in Brasile “ Arsenale della Speranza; un altro in Giordania “ Arsenale dell’incontro”



giovedì 3 maggio 2012

La nostalgia di uno sguardo buono, di don Tonino Lasconi



Uno sguardo attento e buono lascia sempre un segno

La nostalgia di uno sguardo buono

di don TONINO LASCONI
 

All’invito di Gesù: “Vieni! Seguimi!” (Mt 19,21), il giovane se ne andò triste, ritenendo le sue molte ricchezze, più importanti di ciò che Gesù poteva offrire.
Gli evangelisti non parlano più di questo giovane, perciò non sappiamo che fine abbia fatto. A me piace pensare che, dopo il rifiuto, abbia continuato a seguire il Maestro, stando attento a non farsi vedere, per poi decidere, dopo avere assistito alla sua passione e agli effetti della sua risurrezione, di entrare tra i coraggiosi della prima comunità cristiana che mettevano i loro beni a disposizione degli apostoli per distribuirli “a ciascuno secondo il suo bisogno” (At 4,34-35).
Se fosse accaduto così, significherebbe che quell’invito di Gesù gli era rimasto dentro e l’aveva aiutato pian piano ad arrivare a una valutazione diversa tra ricchezza vera e apparente. Io credo sia andata così, perché quel giovane se ne era andato via “triste”. Vuol dire che lo sguardo carico di simpatia che Gesù aveva fissato su di lui (Mc 10,21) gli era rimasto dentro, e al tempo opportuno aveva portato i suoi frutti. 

E i nostri giovani che rispondono picche all’invito della Chiesa? Si può sperare che arrivino un giorno a valutare diversamente le ricchezze che attualmente non hanno il coraggio di lasciare? Perché questo accada è necessario che, dopo l’inevitabile allontanamento o allentamento della preadolescenza (11-14 anni) e dell’adolescenza (che oggi si prolunga fino ai 26-30 anni: laurea, un lavoro avviato, un “fidanzamento” impegnativo), sia rimasta la nostalgia di uno “sguardo buono e amico” da parte di chi ha loro proposto di seguire Gesù: la famiglia, la parrocchia. Naturalmente lo sguardo buono e amico più importante è quello della famiglia, perché è lì che si verifica l’imprinting. Di questo però parleremo la prossima volta.
Adesso ci domandiamo: che cosa può dare oggi la parrocchia ai bambini e ai ragazzi, affinché in loro rimanga la nostalgia di uno sguardo buono da ricercare e da ritrovare? Fino a cinquanta, sessanta anni fa, per la stragrande maggioranza dei bambini e dei ragazzi italiani la parrocchia (o l’oratorio) era l’unico luogo di aggregazione alternativo alla strada, con il campetto di calcio, di basket, di pallavolo; il pingpong, il calciobalilla, il teatrino, il cinema a passo sedici, il flipper e poi anche la televisione… Offerte che non avevano un nesso diretto con la fede, ma che, se gestite da sacerdoti ed educatori intelligenti, riuscivano a creare un ambiente amichevole e fraterno in grado di far respirare i valori cristiani.
Oggi tutto questo i ragazzi lo trovano altrove con offerte “professionali” con le quali le parrocchie non possono competere. L’unica esperienza che le parrocchie offrono a bambini e ragazzi è il catechismo, che non si risolve più in pochi mesi prima dei sacramenti, ma si prolunga per sei, sette, otto anni. Se questa “offerta” è una sofferenza fastidiosa, se i ragazzi arrivano alla Cresima con la sensazione di essersi liberati da una tortura, addio nostalgia. 

Le parrocchie che non accettano di rinnovare la catechesi e di trasformarla in un’esperienza di vita bella, e insistono caparbiamente con il catechismo “lezione”, nell’illusione di poter insegnare la fede, sono avvertite. 

Don Tonino Lasconi , Bollettino Salesiano Maggio 2012



 

martedì 1 maggio 2012

Come leggere i Vangeli


Come leggere i Vangeli (Cardinale Carlo Maria Martini)


Per i cristiani, catechisti, operatori di catechesi volenterosi che amano riflettere, meditare, capire meglio, e vivere le parole, fare propri gli atti, i segni, la vita stessa di Gesù nel suo passaggio terreno, queste riflessioni in parte e in tutto possono essere di grande aiuto.

“La tradizione cristiana ha sviluppato e codificato un metodo, una pedagogia per la lettura della Bibbia e quindi anche dei Vangeli. E’ il metodo della “Lectio divina”, cioè della “lettura della Parola di Dio in colloquio con Dio”. Si chiama così non soltanto perché i testi che leggiamo contengono ciò che Dio ci dice, ma anche perché è una lettura che si fa in due: chi legge da una parte e lo Spirito del Risorto dall’altra. Lo Spirito ci fa scoprire nel testo del Vangelo la persona viva di Gesù, perché possiamo incontrarlo e sperimentarlo come il “Signore” della nostra vita. La “lectio divina” è dunque la lettura di una pagina evangelica in modo che essa diventi preghiera e trasformi la vita. Essa comprende quattro momenti tutti importanti. Trascurandoli o facendoli disordinatamente si corre il rischio che la lettura risulti sterile o addirittura controproducente. 
I momenti sono questi: 1. lettura; 2. meditazione; 3. preghiera; 4 contemplazione.

1. La lettura evidenziata

Si prende in mano una penna e si apre la pagina del Vangelo. E’ importante, perché il Vangelo si legge con la penna e non soltanto con gli occhi! “Lettura” vuol dire perciò qui, leggere e rileggere il testo sottolineando i verbi, magari in rosso, si inquadra il soggetto principale, così che sia messo bene in evidenza. Con una crocetta o con un piccolo cerchio si richiama l’attenzione sulle altre parole che mi colpiscono. Là dove non mi è chiaro il senso, segno a margine un punto interrogativo. Occorre insomma che risaltino bene le azioni che vengono descritte, l’ambiente in cui avviene il fatto, il soggetto che agisce e  chi riceva l’azione. Una doppia sottolineatura può indicare quello che per me è il punto centrale del brano. E’ una operazione facilissima, che però va fatta con la penna e non soltanto pensata. Allora scopriamo elementi che ad una prima lettura ordinariati erano sfuggiti, troveremo cose che non ci aspettavamo, anche se pareva di sapere il brano quasi a memoria. Dopo di ciò possiamo anche prolungare questa operazione di “lettura” cercando di ricordare dei brani simili della Bibbia, o di cercarli aiutandoci con le note.           
Un fatto simile a questo, in quale altro brano evangelico l’ho trovato? Questa insistenza di Gesù c’era già in qualche brano dell’Antico Testamento? Dove? Ritorna in qualche lettera di S. Paolo? Si va a cercare il testo, lo si confronta, si notano le somiglianze e le differenze. Tutto questo aiuta a comprendere meglio la pagina che stiamo leggendo.

2. La meditazione

Dopo il primo momento di lettura si passa a quello successivo: il gradino della meditazione. La meditazione è la riflessione su ciò che il testo ci vuole dire, sui sentimenti e sui valori permanenti nel testo. Si cerca cioè di comprendere quali giudizi e proposte di valore sono espliciti e impliciti nelle parole, negli atteggiamenti, nelle azioni. Lo si fa attraverso domande come queste: come si sono comportati i personaggi del brano? Qual’ è il loro atteggiamento verso Gesù? Quali i sentimenti di Gesù nel loro riguardi? Come mai sono state dette quelle parole? Che senso hanno quei gesti? In questo modo cominciano ad emergere i sentimenti e i calori perenni e centrali: i sentimenti dell’uomo di ogni tempo come il timore, la gioia, la speranza e all’opposto la paura dell’affidarsi, il dubbio, la solitudine. Gli atteggiamenti di Dio verso di noi: la bontà, il perdono, la misericordia, la pazienza. La riflessione sui sentimenti e sui valori diviene fonte di confronto con la situazione ed esperienza personale di chi legge:
In quale personaggio del racconto evangelico mi ritrovo? Ho il desiderio di Zaccheo di vedere il Signore? Vivo il bisogno di salvezza della Maddalena? Chiedo aiuto per avere più fede, come il padre del ragazzo epilettico? Oppure sono vicino a quel personaggio che si crede giusto che non accoglie Gesù, che lo invita per criticarlo e per esaminarlo? Accolgo il perdono di Dio? Mi fa paura ciò che dice Gesù, magari perché mi scomoda, mi costringe a cambiare qualcosa della mia vita? Questa è la meditazione. Essa tutta via non è fine a se stessa, ma tende a farmi entrare in dialogo con Gesù, a diventare preghiera
.
3. La preghiera

Il terzo momento della lettura divina è la preghiera. Dal fatto narrato si rivela gradualmente, a me che ho meditato, la presenza del Signore, intuisco che quelle parole sono un invito personale che viene fatto a me. La  preghiera comincia a coinvolgermi. Entro nei sentimenti religiosi che il testo evoca e suscita: la lode a Dio per la sua grandezza, per la sua bontà verso di noi, di ringraziamento, di richiesta di grazie, chiedo perdono perché di fronte ai valori proposti dal brano evangelico mi trovo mancante. Domando umilmente di poter essere coerente con le indicazioni di Gesù. Esprimo fede, speranza, amore. La preghiera, poi, si estende e diventa preghiera per i propri amici, per la propria comunità, per la Chiesa, per tutti gli uomini. Ad un certo punto, dal momento della preghiera si passa a quello della contemplazione, quasi senza accorgersene.

4. La contemplazione

La contemplazione è qualcosa di molto semplice. Quando si prega e si ama molto, le parole vengono quasi a mancare e non si pensa più tanto ai singoli elementi del brano letto e a ciò che abbiamo compreso di noi. Si avverte il bisogno di guardare solo a Gesù, lasciarsi raggiungere dal suo mistero, di riposare in lui, di amarlo come il più grande amico del mondo, di accogliere il suo amore per noi. E’ una esperienza meravigliosa, ma che tutti possono fare perché fa parte della vita del battezzato, della vita di fede. E’ l’intuizione, profonda e inspiegabile che al di là delle parole, dei segni, del fatto raccontato, delle cose capite, dei valori emersi, c’è qualcosa di più grande, c’è un orizzonte immenso. E’ l’intuizione del regno di Dio dentro di me, la certezza di avere toccato Gesù. Allora la lettura divina dei Vangeli, con i suoi quattro momenti che essa comporta, non è soltanto una “scuola di preghiera”, diventa una scuola di vita. Perché l’aver sperimentato personalmente Gesù come il salvatore e il liberatore cambia, e diventa la “confessione pratica, vissuta nelle mie scelte quotidiane, che lui è il Signore della mia storia e della storia di tutti gli uomini, che è il Signore del mondo".
Card. Carlo Maria Martini