giovedì 27 maggio 2010

La legge e il peccato nella storia della salvezza

In tanti modi Dio, dopo il peccato di Adamo ed Eva, interviene nella storia dell’uomo per riportarlo a sé. Il comportamento di Dio è quello di un pedagogo che conosce bene il suo allievo e sa trovare il tempo giusto per riproporsi, questo è lo scopo ultimo dei suoi interventi, con scienza e sapienza divine.

La storia la conosciamo: la scelta di Abramo con la promessa da parte di Dio di una discendenza numerosa; il ruolo di Mosè e dei profeti. In tutto questo tempo Dio si serve di intermediari per confermare e rinnovare le promesse fatte ad “ Abramo e alla sua discendenza”.

Possiamo distinguere due periodi: il primo di preparazione a un evento e un secondo di attuazione dello stesso, la venuta del Figlio di Dio in mezzo all’uomo.

Primo periodo: ad Abramo Dio promette direttamente una discendenza numerosa, un popolo a cui Dio per mezzo dei suoi intermediari dà una legge.

L’uomo sotto la legge prende coscienza della sua condizione di peccatore, di dipendenza, coscienza di non-salvezza in modo che possa trovare la sua liberazione altrove, perché la legge da sola non libera, la legge non dà la vita, la legge esiste perché esiste il peccato, la legge è un aiuto ad evitare il peccato, può aiutare a discernere il bene dal male ma non come motivo ultimo per una scelta concreta e definitiva di un comportamento pratico: la legge manifesta, attraverso i precetti la potenza del peccato esistente nel mondo, “la legge fu aggiunta per la trasgressione” (Gal 3,19).

La legge segna un cammino alternativo all’esperienza della fede: è un passaggio obbligatorio, necessario, in senso temporale, un cammino verso Cristo in attesa della sua venuta. La legge ha fatto da pedagogo fino a Cristo affinché fossimo giustificati in virtù della fede” (Gal 3,24).

Secondo periodo: dalla discendenza di Abramo, erede della promessa, Dio invia Gesù, suo figlio, per dare compimento al suo piano di salvezza. Gesù viene a completare il primo ciclo della storia per iniziarne un altro: l’uomo, (discendenti di Abramo, eredi della promessa), non vivrà più sotto la legge “ perché la promessa venisse data ai credenti mediante la fede in Gesù Cristo” (Gal 3,22), Con Gesù il credente non è più soggetto alla schiavitù della legge, è stato liberato da questa, è divenuto maggiorenne, figlio di Dio: l’annuncio evangelico tende a suscitare la fede, l’amore sperimentato e vissuto nella comunità dei fratelli.

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E’ superato per sempre, anzi è stato vinto il peccato che ha introdotto la legge: la nuova “legge” si chiama “amore”, nuovo comandamento di Gesù, amore che è attaccamento ad una persona Gesù e interesse, amore anche per il prossimo.

Questa è la nuova risposta dell’uomo a Dio, risposta cercata per secoli, giunta nella pienezza dei tempi: “ mentre Israele che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge…perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere” (Rom 9,31-32), osservanza stretta della legge.

“Ora il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede” (Rom 10,4), essere giustificati da Cristo, resi giusti, santi dall’amore.

Da Adamo a Gesù: “ Come per disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo ( al Padre) tutti saranno costituiti giusti” (Rom 5,19): si chiude un’epoca, ne incomincia un’altra. Con l’apostolo Paolo che ci ha seguiti in questa riflessione chiediamoci:

“Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo?” (Rom 8,35)

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